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Caos antenne per il digitale

di Giuliano Balestreri

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9 Luglio 2009

Il digitale terrestre inciampia sulle vecchie antenne del Lazio, dove gli impianti di ricezione individuali superano i centralizzati. Di numeri ufficiali nessuno parla, ma se misurate sulle lamentele dei cittadini e sulle le richieste di intervento agli antennisti, le difficoltà a ricevere il segnale digitale terrestre a Roma allora sono evidenti. Così come la perdita di share di Raidue e Rete 4, i canali che hanno abbandonato la trasmissione in analogico. Una questione delicata, soprattutto per la Rai: la prossima settimana è infatti in programma l'incontro decisivo tra il direttore generale di viale Mazzini, Mauro Masi, e l'amministratore delegato di Sky Italia, Tom Mockridge. All'ordine del giorno la permanenza dei canali Rai sulla piattaforma satellitare di Murdoch.
Rispetto allo share medio nazionale, tra il 16 giugno, giorno dello switch over, e il 7 luglio, in Lazio Raidue ha perso 2,51% e Rete 4 il 3,85% (elaborazione Studio Frasi, su dati Auditel). Va meglio in Piemonte dove Raidue cede l'1,69% e Rete 4 l'1,72%: «È una normale fase di assestamento», aveva spiegato una settimana fa il vicepresidente di Mediaset, Pier Silvio Berlusconi. Una tesi ribadita ieri anche dal vicedirettore Rai, Giancarlo Leone: «I numeri sono ancora negativi, ma il delta si sta riducendo». E in effetti in Sardegna, unica regione ad aver completato lo switch off, rispetto a giugno 2008, Raidue ha guadagnato il 30,7% dello share e Rete 4 il 35,3 per cento.
Insomma, in Lazio il problema sembra legato più agli impianti di ricezione che alla penetrazione della piattaforma digitale. «Il problema – spiega Luciano Mattozzi, presidente di Confartigianato antennisti – sorge quando il segnale non è più lo stesso dell'analogico. In quel caso serve una nuova antenna. La difficoltà di Roma, in particolare, è che il segnale non riesce a passare come qualità». Insomma se prima si riusciva a captare anche un segnale debole, adesso non succede più. In alcuni casi basta risintonizzare i canali, in altri è sufficiente togliere un filtro alle vecchie antenne. «Sono problemi che con lo spegnimento definitivo del segnale analogico non potranno che aumentare», sottolinea Andrea Ambrogetti, presidente del consorzio Dgtvi, che aggiunge: «Probabilmente sarebbe bastato eseguire l'ordinaria manutenzione sugli impianti». Una questione annosa che risale alla legge 46 del 1990 sulla messa in sicurezza degli impianti elettrici, radiotelevisivi ed elettronici in genere. «Si sarebbe dovuto intervenire su 20 milioni di abitazioni in 18 mesi – prosegue il presidente di Confartigianato antennisti –. Impossibile e così oggi non esiste una mappatura degli impianti e dei possibili problemi. Negli anni non sono mai state fatte le necessarie verifiche, ma credo che la gente si adeguerà entro il 2012, quando il segnale analogico sparirà definitivamente. Noi abbiamo coinvolto anche l'associazione degli amministratori condominiali per sensibilizzarli, vediamo cosa succede». Di certo gli interventi rischiano di essere davvero onerosi.
Insomma, anche le vecchie antenne provano a complicare la vita al neonato digitale, favorendo in qualche modo la penetrazione della piattaforma satellitare che a fine 2008 – secondo eMedia – era presente in 6,8 milioni di famiglie (4,7 nella formula pay, 2,1 in quella gratuita), mentre il digitale ha raggiunto 4,9 milioni di famiglie. Si spiega anche così l'aumento di audience registrato a giugno dalla tv satellitare arrivata a uno share dell'11,2% nel giorno medio. «Dipende molto dalla programmazione estiva dei canali generalisti», dice Giuseppe Basile responsabile tv di Starcom Mediavest Group.
Intanto la prossima settimana Rai e Sky si incontreranno per decidere il loro futuro. Sky offre 350 milioni in sette anni per 5 canali, anziché 56 milioni l'anno per 6 canali Raisat, ma in cambio chiede a Viale Mazzini di trasmettere sul satellite tutti i sui canali gratuiti, presenti e futuri. La Rai non ha ancora deciso cosa fare, preferirebbe essere libera di scegliere e non costretta, ma di certo a queste condizioni 50 milioni di euro l'anno non basterebbero. E il divorzio sarebbe dietro l'angolo.

giuliano.balestreri@ilsole24ore.com

9 Luglio 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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